sabato , 27 Luglio 2024

Il potere istituente del popolo e la nuova costituzione in Cile

di BRAULIO ROJAS CASTRO

In occasione della conclusione dei lavori dell’assemblea costituente in Cile, pubblichiamo questo commento di Braulio Rojas Castro, ricercatore dell’Universidad de Playa Ancha di Valparáiso, che dà conto dello spartiacque costituito dal nuovo disegno costituzionale e delle possibilità che esso contiene in quanto espressione del movimento sociale che con la sua sollevazione ha preteso di porre fine all’autoritarismo neoliberale sancito dalla Costituzione di Pinochet del 1973. La sua approvazione, però, non è scontata. Da oggi comincia in Cile la campagna per l’abruebo o il rechazo della nuova Costituzione, consegnata questo lunedì, dopo un anno di lavoro e discussione, dalla Convenzione Costituzionale cilena al presidente, Gabriel Boric, e sottoposta a plebiscito il 4 settembre. La proposta ambisce a sostituire la Costituzione redatta durante la dittatura di Pinochet, tesa a difendere l’iperpresidenzialismo, il centralismo, l’ipertrofico diritto di proprietà a scapito dei diritti sociali. Rivendicando nel preambolo un processo partecipativo, paritario e democratico, la nuova Costituzione dichiara il Cile “uno Stato di diritto sociale e democratico”, “plurinazionale, interculturale, regionale ed ecologico”. Definisce il Paese una “Repubblica solidale” e caratterizza la sua democrazia come “inclusiva e paritaria”. Sebbene sia il prodotto di una mediazione tra forze politiche diverse fra loro, il testo porta i segni delle mobilitazioni sociali avvenute negli ultimi anni: è infatti attraversata da una prospettiva ecologica, che pone come obiettivo costituzionale quello di far fronte alla crisi climatica e concepisce la natura come congiunto inseparabile dagli esseri umani e “titolare di diritti”; porta una prospettiva plurinazionale, indigena in difesa delle autonomie territoriali autoctone. E soprattutto porta una prospettiva femminista, che assume il compito di “assicurare uguaglienza sessuale e di genere nel pubblico e nel privato a donne e diversidades y dissidencias sexuales”, di garantire loro la “partecipazione politica in condizioni uguali”, di assicurare il “diritto a una vita libera da violenza sessuale e di genere”, il diritto a un’educazione alla “sessualità, all’autonomia e al consenso”, i “diritti sessuali e riproduttivi, potendo decidere in forma libera, autonoma e informata sul proprio corpo, sulla propria sessualità, sulla riproduzione, il piacere e la contraccezione”. Si tratta di un testo ambizioso, che sicuramente non ha il potere di istituire una nuova realtà politica o di cambiare radicalmente i rapporti di forza, le condizioni economiche e sociali del paese, ma offre un appiglio importante a chi queste trasformazioni cerca ostinatamente di produrle dentro e fuori gli spazi istituzionali. La sfida è però molto complessa e i sondaggi, prioritariamente contrari alla nuova Costituzione, lo mostrano chiaramente. La propaganda della destra rispetto ai rischi che si configurano con l’apruebo – la messa in discussione della proprietà, degli affari, delle operazioni estrattive, dell’impunità della violenza sessuale e politica – ha funzionato bene. Molto meglio di quella della sinistra, che fra tecnicismi giuridici e grandi proclami, ha avuto difficoltà a comunicare in maniera semplice e immediata il portato sociale delle trasformazioni proposte. Il presidente, eletto in gran parte grazie alle mobilitazioni sociali e al rifiuto del mondo rappresentato da Piñera, ha messo le mani avanti, tenendo a specificare che il plebiscito non deve avere nulla a che fare con l’operato del suo governo e dichiarandosi prontamente disponibile a fare riforme del testo qualora venisse approvato – per non scontentare le destre – o a intervenire con leggi e decreti, senza fare un grossa tragedia se la Costituzione venisse rifiutata. Bisogna ora vedere se il testo costituzionale, frutto di un processo di contestazione di massa dello stato di cose vigente, riuscirà a tornare ad essere agitato al di fuori delle istituzioni e a rendere evidente l’urgenza collettiva di spazzare via un ordine che rende le disuguaglianze sociali e l’autoritarismo neoliberale del mercato norma giuridica.

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Nosotras y nosotros, el pueblo de Chile, conformado por diversas naciones, nos otorgamos libremente esta Constitución, acordada en un proceso participativo, paritario y democrático.

Con questo breve proemio inizia il testo della nuova costituzione per il Cile che il 4 luglio 2022 la Convenzione costituzionale ha consegnato al presidente Gabriel Boric. Si tratta di un evento politico senza precedenti nella storia di questo paese. In realtà, per correttezza nei confronti della storia sociale e popolare, c’è stato un evento simile che ci riporta al movimento social-cittadino del periodo 1822-1828, che ha portato alla promulgazione della Costituzione del 1828, composta dai deputati provinciali che, per evitare l’influenza della “frangia di Santiago”, si riunirono a Valparaíso e promulgarono quella che è considerata la prima costituzione rappresentativa della società liberamente concordata dalla cittadinanza cilena. Questo movimento fu sconfitto nella battaglia di Lircay insieme al generale Ramón Freire, alla guida dei militari leali al popolo che vennero massacrati a colpi di ascia. In seguito, un secolo dopo, nacque l’Assemblea dei Salariati e degli Intellettuali del marzo 1925, nota anche come l’Assemblea costituente delle classi produttrici, che scrisse un progetto di costituzione rifiutata dal potere politico dell’epoca.

Ci sono voluti quasi 200 anni di vita repubblicana perché i popoli del Cile si riunissero in una Convenzione – che di fatto è stata un’Assemblea costituente – per elaborare, discutere e scrivere un testo costituzionale che esprime le richieste, i desideri e le volontà di tutte e tutti coloro che vivono in questo territorio. Si tratta di un evento che è espressione dell’immaginazione politica e della potenza istituente del popolo che, dopo un trentennio di egemonia dell’ideologia dispotica neoliberale e dopo diciassette anni di dittatura militare instaurata con il colpo di stato del 1973, ha detto basta, smantellando il patto di transizione con la rivolta sociale dell’ottobre 2019.

Non sorprende che tutte le forze conservatrici e reazionarie della società cilena abbiano fatto del loro meglio per interrompere questo processo, che ha operato in tempi brevissimi: dal 20 giugno 2021, quando si è ufficialmente insediata la Convenzione costituente con i suoi 155 membri eletti con parità di genere e seggi riservati alle popolazioni indigene, fino al 4 luglio di quest’anno, quando è stato consegnato il testo e l’organo costituente è stato sciolto. Intanto il boicottaggio istituzionale da parte del governo Piñera al momento dell’insediamento della Convenzione ha comportato una riduzione del budget e un ritardo nell’erogazione delle risorse. La stampa dominata dai grandi gruppi economici ha diffuso notizie false attraverso una sistematica campagna mediatica per screditare la Convenzione. A queste azioni si sommano quelle di intellettuali di diversa estrazione politica, che hanno partecipato agli attacchi al lavoro della Convenzione. Alcune e alcuni di loro, da sedicenti posizioni di sinistra, contestano la violenza che è stata all’origine delle mobilitazioni da posizioni elitarie e totalmente individualiste, o, al contrario, accusano la Convenzione di cooptazione istituzionale; altri, da posizioni di centro, invitano ad “approvare per poi riformare” la Costituzione; da destra, infine, vengono diffuse dichiarazioni sediziose che invitano al rifiuto, pretendendo di continuare con la Costituzione della dittatura.

Tuttavia, noi, che facciamo parte dei popoli del Cile, avendo ben chiaro che questa non può essere la soluzione automatica ai profondi problemi di disuguaglianza, iniquità, mercificazione della vita, razzismo di Stato, mancanza di diritti sociali, deficit democratico nel sistema politico – per citare alcuni aspetti generali della situazione odierna del Cilecrediamo nondimeno di trovarci a un punto di svolta che può cambiare il destino del paese. Per questo ci auguriamo che il potere del popolo si esprima liberamente e sovranamente nel plebiscito del 4 settembre 2022 e che il testo di questa nuova Costituzione per il popolo cileno venga approvato, trasformandoci in uno Stato sociale dei diritti che garantisca una “buona vita” per tutte e tutti.

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