lunedì , 9 Dicembre 2024

Il dovere di integrarsi

Il dovere di integrarsidi MAURIZIA RUSSO SPENA e VINCENZO CARBONE

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La raccolta di saggi Il dovere di integrarsi. Cittadinanze oltre il logos multiculturalista, curata da Maurizia Russo Spena e Vincenzo Carbone, appena uscito per Armando Editore e di cui pubblichiamo l’introduzione, prende le mosse da un dato scarsamente considerato e politicamente rilevante relativo alla quota crescente di migranti stabilmente presenti in Italia, che hanno ottenuto un permesso di lungo periodo o la cittadinanza. Questo punto di partenza è per certi versi paradossale, perché non sono questi migranti i destinatari del cosiddetto «Accordo di integrazione» che, da prospettive diverse, i saggi raccolti in questo volume prendono in esame. L’Accordo riguarda infatti coloro che hanno ottenuto il permesso di soggiorno dopo il marzo 2012, quando la normativa è entrata in vigore, e che ora, a distanza di due anni, dovranno certificare la propria avvenuta integrazione dando prova non solo della conoscenza della lingua italiana e delle «norme civiche di convivenza», ma anche sottoscrivendo una «Carta dei valori» e dimostrando di accettare disciplinatamente la propria posizione nelle gerarchie del mercato del lavoro. Tuttavia, è evidente che questa integrazione certificata avrà effetti più estesi perché – come sottolineano Maurizia e Vincenzo – si tratta di un tentativo di ridisegnare complessivamente la società, il sistema economico, le istituzioni politiche, il welfare e la cittadinanza. La scelta di concentrarsi su questo specifico segmento del governo delle migrazioni – senza isolarlo dal complesso normativo che lo regola – coglie quindi un nodo politico quanto mai attuale e lo fa tenendo presente tanto le trasformazioni innescate dalla crisi economica globale quanto la capacità dei migranti di negoziare autonomamente la loro inclusione pur in contesti gerarchizzati, asimmetrici e diseguali. Si tratta quindi di un approccio analitico politicamente schierato, che intende smascherare la «violenza dell’inclusione» e gli intenti assimilazionisti del discorso multiculturalista riconoscendo piuttosto «il potere di valorizzazione delle capacità che singoli e gruppi – migranti e autoctoni – possiedono». 

Mentre condividiamo la presa di parte che anima il volume, ci poniamo alcune domande a partire dalla sua introduzione. In particolare, se è vero che l’Italia fa eccezione rispetto alla tendenza di altri paesi dell’Unione Europea a scegliere migranti altamente qualificati e che gravino meno sui welfare nazionali, sarebbe necessario chiedersi se questa «eccezione» non sia tale da “complicare” l’idea di una «cognitivizzazione» del lavoro e di una messa a valore dell’intera vita che fa da sfondo all’analisi. Il rischio, infatti, è quello di cogliere l’autonomia e il carattere di fatto sociale totale delle migrazioni per poi farne la controprova di teorie generali maturate altrove. La centralità politica del lavoro migrante sembra piuttosto stabilire una singolarità che ridetermina complessivamente le forme di sfruttamento del lavoro contemporaneo. Non è un caso che anche dal punto di vista delle lotte negli ultimi anni i migranti abbiano saputo esprimere una soggettività che non ha trovato corrispettivi altrove. La «normale eccezione» che essi rappresentano impone il governo delle migrazioni che fa dei migranti non l’ennesimo oggetto della governance contemporanea, ma uno dei suoi punti di partenza. Sono infatti i migranti a imporre una costante dislocazione dei meccanismi di contenimento e repressione della mobilità. E sono ancora i migranti a mettere in discussione confini e frontiere persino quando finiscono per soggiornare a lungo o anche per stabilirsi in uno Stato come quello italiano. Nonostante la bizzarra convinzione del legislatore italiano di potere determinare un ambito omogeno di cultura e di fedeltà costituzionale, integrazione significa sempre anche il tentativo di controllare non solo i migranti presenti sul territorio, ma anche quelli che intendono venirvi per attraversarlo o per rimanervi. La coazione all’integrazione è in buona parte una reazione alle trasformazioni materiali che i migranti impongono giorno dopo giorno alle figure della cittadinanza, nonostante la legge Bossi-Fini, il pacchetto sicurezza e ora l’accordo di integrazione. Queste considerazioni portano a chiedersi se e in che misura l’«accordo di integrazione» possa essere ricondotto a un discorso multiculturalista, alla luce dell’omogeneità sociale che pretende di rappresentare (eclatante è il riferimento alle radici giudaico-cristiane) non tanto per innescare un processo di assimilazione quanto per rinsaldare le gerarchie dello sfruttamento del lavoro migrante formalizzate dal sistema dei «punti». Questioni in movimento – e rilevanti per definire l’orizzonte dell’iniziativa politica – che il volume curato da Maurizia Russo Spena e Vincenzo Carbone contribuisce a problematizzare. 

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Poiché appartiene alla Terra, qualsiasi persona ha il diritto di scegliere il luogo della sua residenza, di restare laddove vive o di andare ed installarsi liberamente senza costrizioni in qualsiasi parte di questa Terra.

(Carta Mondiale dei Migranti, Gorée, Senegal, 4 febbraio 2011)

È unanimemente riconosciuto il fatto che le migrazioni siano un fenomeno non solamente connesso intimamente alla storia dell’umanità, ma anche un elemento ormai strutturale delle nostre società contemporanee. I caratteri di stabilità che le contraddistinguono, soprattutto in anni recenti, dentro lo spazio europeo, sono rilevabili anche all’interno dei numeri ufficiali che ciclicamente vengono esibiti, al fine di tentare di definirne i contorni e le peculiarità. Si tratti di stime e/o di risultanze censuarie, la presenza regolare in Italia di cittadini stranieri si attesta intorno ai 5 milioni2; dato che evidenzia una mobilità umana piuttosto sostenuta nell’ultima annualità, nonostante l’insistenza della crisi economica, che ne ha fatto registrare, in ogni caso, una lieve flessione.

L’indicazione più rilevante, che i dati del 2012 restituiscono, in merito alle modalità di ingresso e permanenza sul nostro territorio di cittadini non italia- ni, è quella relativa ai permessi per motivi familiari (120mila), ai nuovi nati (80mila) ed alle acquisizioni di cittadinanza (65mila). In tale contesto, è da registrare il fatto che oltre il 50% della titolarità del soggiorno risulti al 1° gennaio 2013 a tempo prolungato e permanente: si confermano, pertanto, i tratti peculiari di una popolazione straniera presente sul territorio nazionale orientata alla stabilità e con progettualità migratoria di tipo familiare. Indicatori, questi ultimi, che aprono una riflessione complessa sui processi di inclusione e di tutela dei diritti di cittadini non necessariamente stranieri, ma di origine migratoria, che vedono all’interno di un unico spazio nazionale (il nostro) il proprio orizzonte di relazioni sociali e di senso….continua a leggere Maurizia Russo Spena – Vincenzo Carbone, Introduzione a Il dovere di integrarsi. Cittadinanza oltre il logos multiculturalista, Armando Editore, 2014.

 

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