È indiscutibile che per qualche milione di lavoratrici e lavoratori la vittoria dei sì nei referendum del prossimo 8 e 9 giugno significherà avere più diritti, minore precarietà e maggiore sicurezza sul posto di lavoro. Andare a votare sì è quindi necessario, innanzitutto per dire a politici e padroni che davanti alla crescita del razzismo e alla costante precarizzazione del lavoro è arrivato il momento di invertire la tendenza.
Il leader del sindacato che propone i quesiti sul lavoro dovrebbe però riconoscere che la battaglia giuridica sulle condizioni di lavoro a mezzo referendum non può sostituirsi all’organizzazione del conflitto sui posti di lavoro. La vittoria al referendum non porterà indietro le lancette dell’orologio, perché questo referendum arriva dopo un decennio dall’introduzione del Jobs Act. Dieci anni di precarizzazione del lavoro e intensificazione dello sfruttamento, di frammentazione delle sue figure e di indebolimento delle possibilità di lottare. In questi dieci anni, i salari sono costantemente diminuiti e le condizioni generali di lavoro sono solo peggiorate. Se qualcosa è stato ottenuto, ciò è successo forzando e andando oltre lo stesso sindacato che oggi ha proposto il referendum.
Reintrodurre il reintegro in caso di licenziamento illegittimo per i lavoratori assunti dopo il 2015 non aiuterà a ricomporre il mondo del lavoro, come sostiene Landini, saldando le divisioni tra vecchi e giovani, e così “ridando un futuro ai giovani”. La precarietà è ormai la forma stessa del lavoro contemporaneo e le divisioni che attraversano le sue figure non sono problemi riducibili a modelli contrattuali più o meno stabili, ma riguardano le condizioni politiche in cui milioni di proletari, donne e migranti vengono messi a lavoro e la loro possibilità di esercitare una forza collettiva.
Nonostante Landini, le sue retoriche e il suo sindacato, la vittoria dei sì al referendum è comunque necessaria per dare un segnale politico di rifiuto del costante impoverimento delle nostre vite. Se è impossibile cambiare il passato, è però possibile dire sì a condizioni di lavoro diverse nel nostro presente. Votare sì è importante per cominciare a contare invece di essere solo contati.