sabato , 27 Aprile 2024

L’altra faccia della libertà: la risposta del movimento femminista all’avanzata di Milei. Intervista a Luci Cavallero (Ni Una Menos)

di MATILDE CIOLLI

In Argentina, il candidato vincente alle primarie, il libertario Javier Milei, capo del partito La libertad avanza, rappresenta attualmente il più quotato per la vittoria delle elezioni presidenziali che si terranno a ottobre. La sua piattaforma elettorale è in buona parte dedicata alla completa liberalizzazione del mercato e alla privatizzazione di ciò che resta dei servizi pubblici in quanto lasciti di un ingombrante parassitismo statale: scuola, salute, sussidi dovrebbero, per Milei, essere forniti attraverso il mercato e i suoi meccanismi concorrenziali. Più che a uno Stato fascista, Milei ambisce quindi a dar forma a uno Stato ultra-neoliberale, trasformato esso stesso in un agente di impresa. In quest’ottica, i Ministeri dell’Educazione, della Salute, dell’Occupazione, dello Sviluppo sociale, delle Opere pubbliche e della Famiglia dovrebbero, per Milei, essere sussunti nel «Ministero del Capitale Umano». Perfino la Banca Centrale dovrebbe essere smantellata dando alle singole banche la possibilità di emettere moneta. Il piano neoliberale ortodosso si accompagna a una retorica fortemente razzista, patriarcale e repressiva. Mentre nomina i migranti solo come ladri che sottraggono redditi alla popolazione argentina (essa stessa in buona parte migrante), l’«ideologia di genere», l’educazione sessuale, il diritto d’aborto e il Ministero delle donne dovrebbero essere eliminati. Intervistiamo Luci Cavallero, militante di Ni Una Menos, per chiederle conto tanto dell’ascesa di Milei quanto della reazione dei movimenti sociali e in particolare del movimento femminista. Secondo Luci, non è possibile capire il successo del candidato libertario se non guardando agli effetti materiali che ha avuto l’intervento del Fondo Monetario Internazionale nel paese. La pandemia, l’inflazione e l’enorme indebitamento avrebbero prodotto un malessere che solo l’estrema destra ha saputo raccogliere. Diverse frange dei movimenti sociali – i movimenti che rivendicano giustizia contro i crimini commessi dall’ultima dittatura, i sindacati, e il movimento femminista – intessendo alleanze fra aree della sinistra a lungo rimaste divise, stanno organizzando assemblee, azioni e manifestazioni per mostrare l’altra faccia della libertà difesa da Milei: la rimozione del passato dittatoriale argentino, lo sfruttamento della classe lavoratrice, l’aumento dell’inflazione, la conseguente polverizzazione dei salari e l’irrigidimento delle gerarchie sociali. Resta da vedere se il movimento femminista, cogliendo l’occasione della data del 28 settembre, giornata internazionale per la legalizzazione dell’aborto, per organizzare una manifestazione che vada ben al di là dell’aborto, sarà capace di produrre nuovamente uno schieramento contro un ordine sociale che si regge sulla violenza patriarcale, sul razzismo e sullo sfruttamento.

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Alle primarie il candidato di estrema destra, il libertario Javier Milei, è arrivato primo con un programma totalmente orientato alla liberalizzazione del mercato e alla privatizzazione della sfera pubblica. A cosa pensi sia dovuto il suo successo e quali saranno gli effetti materiali delle sue politiche sulla vita di chi fatica ad arrivare a fine mese, di chi non ha un lavoro stabile e di chi lavora nell’economia popolare?

Luci Cavallero: La vittoria di Milei alle elezioni è inspiegabile se non si considera il deterioramento della qualità della vita di ampi settori della popolazione, in particolare i lavoratori dell’economia popolare e quelli dell’economia informale. Che cosa è successo in Argentina dopo l’accordo con il Fondo Monetario Internazionale nel 2018? Potremmo dire, seguendo l’analisi di Varoufakis, che l’ultradestra argentina è figlia del Fondo Monetario. Le politiche che sono state applicate dal 2018, e che sono state riconfermate in questo governo, sono politiche di austerità sui salari, di inflazione molto alta e di iper-sfruttamento del lavoro. Da quando il Fondo Monetario Internazionale si è insediato in Argentina, la gente lavora molto e viene pagata sempre meno, e la moneta nazionale è praticamente distrutta. Le difficoltà nella vita quotidiana della stragrande maggioranza della popolazione generano quindi malessere, la sensazione che non ci sia futuro e persino risentimento all’interno della stessa classe operaia, ed emergono così discorsi più reazionari.

L’avanzata di Milei, quindi, è figlia del Fondo Monetario e delle sue politiche, e condensa il malessere di una popolazione che in precedenza aveva preferito il peronismo tra le due opzioni politiche che hanno governato il paese gli ultimi otto anni [il macrismo e il peronismo]. Questo è importante. Milei ha due proposte molto importanti, che sono la denuncia dell’idea di casta e di fatto dell’intera classe politica, lasciando fuori gli imprenditori e la casta finanziaria e giudiziaria. In altre parole, riduce il problema del dominio al sistema politico. E l’altra idea forte che ha è quella della dollarizzazione, che si presenta come una soluzione radicale alla sensazione che la moneta e, soprattutto, la moneta come retribuzione del proprio lavoro e del proprio potere d’acquisto, vada in fumo nelle mani dei settori popolari. Quindi l’idea della dollarizzazione funziona come una sorta di orizzonte radicale per risolvere questi problemi. Direi che questi sono i punti più importanti per capire il trionfo di Milei. E quali potrebbero essere le conseguenze del suo programma economico? Il programma economico che propone è un programma di dollarizzazione dell’economia, anche se non dice chiaramente come lo farebbe, perché tutte le dollarizzazioni implicano la confisca dei risparmi della popolazione. Quindi, in questo senso, dice che lo farà con meccanismi piuttosto fantasiosi. Ma quello che sappiamo è che, ad esempio, ci sono politiche specifiche che sta proponendo, come lo sradicamento del sistema di sicurezza sociale, il ritorno alle pensioni private e l’attacco all’istruzione pubblica per implementare il modello dei voucher, cioè che lo Stato smetta di dare soldi alle università e li passi direttamente ai singoli. Lo stesso vale per il sistema sanitario. Queste sono le sue politiche principali e rappresentano il classico ultra-neoliberalismo rinforzato. Inoltre, sono legate a una politica repressiva che non è ancora chiara, ma che sta già mostrando i suoi segni con la decisione di nominare come vicepresidente una persona che nega la dittatura militare e i suoi effetti. Quindi la conseguenza di un modello economico come quello proposto sarebbe sostanzialmente una brutale politica di austerità dello Stato che colpirebbe ampie fasce della popolazione. In primo luogo, ovviamente, ci sarebbe un processo iperinflazionistico: le dichiarazioni di Milei sulla dollarizzazione diventano, infatti, performative nel mondo della finanza, perché essendo il candidato con più possibilità molti attori economici cercano di passare al dollaro incrementando la svalutazione del peso. Quindi quello che succederebbe in caso di vittoria è, prima di tutto, un processo di iperinflazione che polverizzerebbe ancora di più il reddito della popolazione, e poi la distruzione dei pochi servizi pubblici che ancora abbiamo.

Milei intende abolire il Ministero delle Donne e assorbirlo in quello del Capitale Umano e ha dichiarato in un’intervista che ha intenzione di indire un plebiscito per mettere nuovamente fuori legge l’aborto. È davvero possibile che la legge che ha legalizzato l’aborto nel 2020 venga abolita? Le donne attualmente possono avere accesso all’aborto libero, sicuro e gratuito?

Dopo aver sancito l’aborto legale, sicuro e gratuito nel 2020, la cosa importante è stata che lo Stato non solo ha legalizzato l’aborto, ma ha anche legalizzato l’aborto come obbligo dei servizi sanitari. Questo fa sì che gli ospedali pubblici garantiscano l’aborto, quindi la mortalità materna è diminuita molto, arrivando quasi a zero. In luoghi come la provincia di Buenos Aires, lo Stato sta facendo un ottimo lavoro nel garantire l’accesso all’aborto. Ci sono problemi di attuazione in alcune province, dove alcuni professionisti ancora rifiutano o ritardano l’esecuzione e alcune compagnie di assicurazione sanitaria privata non vogliono fornirlo. Ma in generale è una legge che viene rispettata. Milei ha fatto due dichiarazioni in merito, una in cui affermava che se fosse diventato presidente avrebbe fatto un plebiscito, ma questo non è legalmente possibile, l’ha detto solo in forma di minaccia. Per eliminare l’aborto, dovrebbe chiedere una nuova votazione al Congresso. Tuttavia, è ovvio che avere un candidato, il candidato più votato o un possibile presidente che si esprime direttamente contro l’aborto – la scorsa settimana, in un’intervista internazionale rilasciata a Fox News, ha detto che l’aborto è un omicidio – porta coloro che storicamente si sono opposti all’attuazione dell’aborto a sentirsi autorizzati dai poteri esecutivi a ostacolare chi vuole accedervi. Per quanto riguarda il Ministero delle Donne, Milei continua a dire che è una spesa superflua. Sappiamo che, paradossalmente, il Ministero delle Donne è il ministero con il budget più ridotto del governo nazionale. Difendiamo questa istituzione perché sappiamo che con l’attacco al Ministero delle Donne si vuole ancora una volta gerarchizzare e subordinare l’agenda femminista all’azione dello Stato. Inoltre, credo che in questo momento Milei stia iniziando a indicare il movimento femminista come un nemico, cercando di cavalcare le reazioni che esistono in una parte della società a causa di tutta questa situazione di malessere. La loro idea è che l’agenda di genere ostacoli un’agenda redistributiva, e questo è un discorso condiviso anche da diversi settori della classe politica. Tuttavia, Milei ha un concreto problema elettorale, perché sono usciti alcuni studi elettorali recenti che dicono che per vincere al primo turno ha bisogno del voto femminile e che, però, le donne non si sentono rappresentate da lui. Qui noi abbiamo l’opportunità di contestarlo con un linguaggio popolare femminista che possa ottenere il sostegno di una parte molto ampia della società che lo guarda con molta diffidenza, e che è formata soprattutto dalle donne.

Come stanno reagendo i movimenti sociali, i sindacati di sinistra, le organizzazioni popolari a questa forte avanzata della destra – non solo quella di Milei, ma anche quella di Juntos por el Cambio e, in fondo, quella dello stesso Sergio Massa che, pur provenendo dal partito peronista, è molto allineato con le richieste del FMI?

La prima reazione è stata ovviamente di grande sorpresa, perché in generale tutti noi dei movimenti sociali sapevamo che la situazione economica era pessima e che il governo era in grande difficoltà per le elezioni. Ma non avremmo mai immaginato che il candidato che avrebbe raccolto questo malessere sarebbe stato quello dell’estrema destra. Piuttosto ci si aspettava che avrebbe vinto «Juntos por el Cambio», la forza associata a Mauricio Macri, che ora ha presentato due alternative alle elezioni ‒ una destra più moderata e un’altra più repressiva rappresentata da Patricia Bullrich. La prima reazione è stata quindi di grande sorpresa. C’è stato un primo momento di grande confusione, in cui era molto chiaro che avevamo scarsa capacità di mobilitazione anche perché questo governo ha contribuito sistematicamente con le sue politiche a indebolire le mobilitazioni popolari, ma anche quelle dei sindacati, dei movimenti sociali, ecc. Nel caso dei movimenti per i diritti umani, hanno iniziato a fare azioni, ad esempio contro il discorso negazionista della dittatura. Una di queste azioni è stata una mobilitazione fuori dal palazzo di giustizia della città di Buenos Aires contro un atto promosso dalla vicepresidente di Milei, che sostanzialmente rivendicava la teoria dei due demoni, cioè l’idea che la storia della dittatura militare debba essere interpretata trattando allo stesso modo le vittime delle organizzazioni guerrigliere e le vittime del terrorismo di Stato. Su questo aspetto politico è stata chiamata la prima importante mobilitazione del movimento per i diritti umani, promossa da tutte le organizzazioni per i diritti umani anche se non da tutte le organizzazioni politiche. Il movimento sindacale è più coinvolto in questo momento nella campagna del candidato del governo, Sergio Massa, piuttosto che in un programma proprio o indipendente. Per esempio, i sindacati si sono mobilitati a sostegno del candidato del partito di governo per l’abrogazione dell’imposta sul reddito per i settori della classe lavoratrice che guadagnano di più. Poi ci sono molte iniziative da parte di un settore della società che ovviamente voterà per il partito al governo in quanto unica opzione possibile, ma che sta cercando di fare discorsi più innovativi per ricreare un certo movimento popolare dal basso, che possa anche costruire ponti con coloro che sono lontani dall’organizzazione politica, coloro che dopo la pandemia sono rimasti fuori dalla politica. Quindi da un lato ci sono movimenti che cercano di generare un movimento antifascista e di riattivare la riserva democratica del nostro Paese, dall’altro un movimento sindacale più concentrato sulla campagna ufficiale e poi un movimento di cittadini più diffuso, più disperso, che è tornato a mobilitarsi.

Ni Una Menos, come altre organizzazioni e gruppi femministi, sta organizzando molte assemblee e il 28 settembre ci sarà una grande manifestazione a Buenos Aires. Di cosa si discute nelle assemblee? Quali saranno le rivendicazioni del 28 settembre?

Come collettivo Ni Una Menos, dopo il risultato delle elezioni primarie e obbligatorie, abbiamo deciso di organizzare una discussione politica con la metodologia che usiamo, ovvero l’assemblea. Queste assemblee sono state stracolme: c’è stata molta partecipazione e anche una sorta di ritorno all’unità con il settore trotskista. Il 28 settembre manifesteremo uniti dopo diversi anni. La prima cosa che questo spazio ha generato è l’opportunità di riunire non solo le organizzazioni, ma anche molte compagne che si sentivano incerte, preoccupate, di fronte alla possibilità dell’avanzata del fascismo e dell’ultradestra, e soprattutto perché l’ultradestra manda costantemente messaggi contro le donne attraverso i media, il che ci fa sentire ancora più in pericolo se si è sole a casa. Quindi questo spazio di organizzazione è molto importante. Sono venute molte donne. C’è anche una grande presenza di organizzazioni, sindacati, l’intero arco politico, nelle assemblee. In primo luogo, abbiamo fatto una discussione per capire le ragioni di questa avanzata dell’ultradestra, senza ignorare le dimensioni globali del fenomeno. Milei questa settimana è stato intervistato da Fox News, mentre Elon Musk su Twitter si è schierato a favore della sua candidatura facendo capire da dove viene il suo sostegno: da un settore conservatore dell’ultradestra nordamericana. E sto anche considerando l’ipotesi che sia legato a fondi di investimento, che hanno interessi in Argentina e che attualmente stanno cercando di appropriarsi di alcune risorse naturali come il litio. Al di là di questo, nelle assemblee dopo aver condiviso la diagnosi politica abbiamo deciso di utilizzare una data che è già parte del calendario femminista, ovvero il 28 settembre, cioè la giornata dell’Azione globale per l’aborto legale, sicuro e gratuito, per convocare una grande manifestazione antifascista che vada completamente al di là della rivendicazione della libertà di aborto. La stiamo promuovendo attraverso una campagna di comunicazione in cui le persone sono invitate a riflettere sul significato di libertà, che è ciò che l’ultradestra ci sta contendendo. Cerchiamo così di contestare l’idea di libertà dell’ultradestra a partire dalle nostre esigenze e dalla nostra idea di come vogliamo vivere insieme e di cosa chiediamo allo Stato. Abbiamo quindi avviato una campagna grafica sull’idea di libertà e stiamo organizzando una grande manifestazione il 28 settembre per le strade di Buenos Aires, con tutto lo spettro politico, in cui cerchiamo di ricreare la dimensione trasversale del femminismo, includendo studenti delle scuole superiori, donne, ma anche uomini, sindacati, movimenti indigeni. Stiamo cercando di costruire reti e ponti tra tutti i movimenti per realizzare una grande manifestazione antifascista, la prima convocata e organizzata dal movimento femminista.

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