∫connessioni precarie

Senza alzare lo specchio sulla nuova composizione di classe

Avvicinandosi le celebrazioni più sentite nel mondo della sinistra italiana, abbondano le riflessioni sul tempo passato e quello attuale. Tra queste riflessioni quelle più fastidiose sono quelle che contrappongono la situazione attuale fatta, ohibò, di fenomeni di schiavitù dei e delle migranti e le durissime lotte del ’68 della classe operaia italiana. È una lettura facile che rimanda all’incapacità di vedere il lessico politico del presente preferendo le scorciatoie delle indagini della magistratura per comprendere i fenomeni sociali e lavorativi. È sicuramente il modo migliore per gridare a dove siamo arrivati, senza troppo problematizzarsi su come invece quei e quelle migranti lottino quotidianamente per emanciparsi da quelle condizioni.

Eppure, se la memoria non inganna le condizioni di lavoro negli anni 1960-1970 in molte parti d’Italia, dal sud al nord erano intrise di ricatto: cooperative del sudore, subappalti, reclutamenti politici, etc. Molti emigravano nel nord-ovest o all’estero per non cedere a questi ricatti. Certo, la forza lavoro dell’epoca almeno finché stava in Italia non aveva il problemino del permesso di soggiorno, mentre la sinistra extraparlamentare dell’epoca guardava ai Gastarbeiter in Svizzera e in Germania come a una forza lavoro multinazionale che riusciva a bloccare intere linee produttive.

Qui da noi, invece, nei confronti dei e delle migranti continua il miserabilismo: lo schiavismo (sic) a cui sarebbero sottoposti i e le migranti, contro le lotte degli e delle italiane. Finché qualcuno è ridotto a vittima e altri invece sono ricordati come la gloriosa classe operaia, è complicato provare non solo a ricostruire, ma anche a ripensare alla nuova composizione di classe. Se non guardiamo alle lotte quotidiane dei e delle migranti, non riusciamo a capire perché il 13 agosto del 2011 il governo presieduto dal Cavaliere Berlusconi approvi una legge che rende il caporalato reato penale. Forse la villa in Sardegna del Cavaliere in quei giorni di agosto era occupata o forse perché da 15 giorni uno sciopero dei migranti nelle campagne di Nardò faceva esplodere il bubbone dello sfruttamento e del caporalato?

Possiamo pensare che il lungo ciclo di lotte dei migranti nella logistica abbia risvegliato dal torpore qualche magistrato che sta facendo a pezzi il mondo degli appalti nella logistica o conviene pensare che ci sono anche magistrati buoni (o comunisti, come direbbe quel tale)? Abbiamo imparato che prima viene la lotta di classe e poi la strategia del capitale. Forse sarebbe bene che per mantenere una buona memoria come pratica politica non ce lo dimenticassimo, anche se la lotta proviene da chi ha la pelle un po’ (talvolta poco) più scura della gloriosa classe operaia italiana. Perché in quelle lotte in pelle un po’ più scura vive il nostro 25 aprile.

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