lunedì , 7 Ottobre 2024

Organizzare il Sud: intervista a Jacob Morrison su sindacato e lotta di classe negli Stati Uniti

di MATTEO ROSSI

Pubblichiamo un’intervista realizzata all’inizio di agosto a Jacob Morrison, attivista e sindacalista in Alabama, membro dell’AFL-CIO e conduttore di The Valley Labor Report, un programma radiofonico che raccoglie ogni settimana le notizie sui sindacati e sugli scioperi negli Stati Uniti. Negli ultimi anni, e in particolare dopo la pandemia, una nuova insubordinazione operaia ha attraversato gli Stati Uniti. Centinaia di migliaia di lavoratori hanno dato vita a un’ondata di scioperi che ha coinvolto ogni settore economico e ogni parte del paese. Questo processo ha portato a nuove forme di organizzazione autonoma dei lavoratori, dentro, oltre e talvolta contro i sindacati più grandi. In molti casi, i lavoratori hanno scioperato anche laddove era illegale farlo, pretendendo salari più alti, migliori condizioni di lavoro e il diritto di sindacalizzare il posto di lavoro, spesso spingendo i sindacati stessi su posizioni più combattive.

Nell’ultimo anno, questa ondata di scioperi e sindacalizzazioni ha raggiunto anche gli stati del Sud, dove leggi anti-sindacali, razzismo istituzionale e povertà estrema hanno sempre reso difficile ogni forma di organizzazione operaia. Tuttavia, negli ultimi mesi, la classe operaia del Sud, giovane, multi-razziale e radicalizzata, ha ottenuto risultati senza precedenti: il sindacato delle infermiere in Texas ha ottenuto un nuovo contratto, i lavoratori di un call center in Mississippi sono riusciti a quasi raddoppiare la propria paga oraria, i lavoratori del fast-food Waffle House (che guadagnavano 3 dollari all’ora) hanno iniziato a sindacalizzare i negozi per la prima volta, mentre i metalmeccanici degli UAW continuano la loro campagna di sindacalizzazione delle fabbriche di auto elettriche nel Sud e i lavoratori di Amazon stanno facendo nuovi tentativi di organizzarsi in Kentucky.

Questo, tuttavia, non necessariamente significa il riemergere di un movimento operaio americano, come molti a sinistra sono sempre pronti ad annunciare, perché queste lotte fanno ancora fatica a connettersi tra loro e ad andare oltre i luoghi di lavoro, mentre i sindacati maggiori continuano ad avere un ruolo ambivalente, stretti tra la necessità di farsi strumento di questa insubordinazione operaia per rispondere alle spinte provenienti dalla base, e la volontà di governarla. Jacob racconta tutto questo dall’interno, riflettendo sul momento che le lotte operaie stanno attraversando negli Stati Uniti, sulla sindacalizzazione del Sud, sui limiti e le sfide dell’organizzazione sindacale, sulla prospettiva dei lavoratori sulle elezioni presidenziali e sulle loro posizioni rispetto al ruolo statunitense nel presente scenario di guerra mondiale, che mostrano da un lato un netto rifiuto del genocidio in corso a Gaza ma dall’altro faticano a riconoscere l’importanza di opporsi alla guerra in Ucraina come parte di una più ampia lotta contro la militarizzazione.

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Organizzare il Sud

Perché pensi che sia particolarmente importante la sindacalizzazione dei luoghi di lavoro nel Sud degli Stati Uniti?

Qualcuno ha detto che la vera domanda sulla storia del lavoro statunitense non è “perché non c’è socialismo in America?”, ma “perché non c’è liberalismo nel Sud?”. Credo che questo permetta di comprendere meglio il rapporto tra il Sud e il resto del Paese. Per molti versi il Sud è una sorta di colonia interna e come tale viene trattato. I lavoratori del Sud sono usati per fare pressione sui lavoratori di altre parti del paese, perché i padroni minacciano di spostarsi a Sud, dove non hanno a che fare con il sindacato, possono pagare i lavoratori molto meno ed evitare di fornire loro lo stesso tipo di assistenza sanitaria, o la pensione, o le stesse condizioni di lavoro sicure.

Per questo è incredibilmente importante organizzare il Sud per evitare una corsa al ribasso nelle condizioni salariali all’interno degli Stati Uniti. Dobbiamo sottrarre il lavoro alla concorrenza, invece di competere tra di noi. Dobbiamo cooperare tra di noi nei luoghi di lavoro, in tutto il paese e in tutto il mondo per riprenderci il valore di ciò che creiamo dalle persone che ce lo stanno rubando.

Chi sono i lavoratori che stanno spingendo per la sindacalizzazione nel Sud? Qual è la composizione di questa classe operaia sempre più insubordinata?

È difficile dirlo. Non so se potrei dire onestamente di aver identificato un gruppo demografico in particolare. Sicuramente si tratta per la maggior parte di persone non bianche e di donne. Ci sono molti sondaggi che indicano un aumento dell’interesse e dell’attivismo nei confronti dei sindacati e del lavoro da parte della Gen Z e dei giovani millennial. Non dubito che i più giovani siano quelli con l’atteggiamento più positivo nei confronti dei sindacati, mentre forse i più anziani tendono ad avere un’opinione più negativa. Eppure, nel lavoro che ho svolto, trovo ancora che i giovani rimangono comunque più passivi su questo tema.

Durante la campagna per la sindacalizzazione del magazzino Amazon di Bessemer, in Alabama, in entrambe le occasioni nel 2021 e nel 2022 mi sono prestato al sindacato RWDSU per una settimana. Lì, bussando alle porte dei lavoratori e parlando con loro, è stato molto raro che ci fosse un giovane disposto a parlare con me e che fosse favorevole al sindacato. Le persone che ho visto sostenere e guidare la campagna erano più probabilmente persone di mezza età, neri che avevano fatto già parte di altri sindacati o il cui corpo non riusciva a reggere i ritmi di lavoro massacranti che Amazon cerca di imporre. Alla campagna UAW per la sindacalizzazione della Mercedes in Alabama, invece, ho visto più giovani. Chi è che guida questo processo? Credo che si tratti di una sezione abbastanza ampia e rappresentativa della classe operaia.

Negli ultimi mesi, gli UAW hanno avviato un nuovo tentativo di sindacalizzare le fabbriche di auto nel Sud, dove molte case automobilistiche stanno spostando la produzione, in particolare di auto elettriche, per approfittare dell’assenza di sindacati e regolamentazioni. Ad aprile hanno ottenuto un’importante vittoria, con la sindacalizzazione di uno stabilimento Volkswagen a Chattanooga, in Tennessee, mentre a maggio hanno perso un voto analogo in uno stabilimento Mercedes a Vance, in Alabama. Qual è la situazione attuale?

In questo momento i lavoratori della Volkswagen di Chattanooga stanno eleggendo il loro comitato di contrattazione. A breve, quindi, inizieremo a vedere qualche altro movimento da parte della Volkswagen. Non vedo l’ora di seguire la loro campagna contrattuale e spero che possa essere d’ispirazione per i lavoratori di tutto il Sud, in particolare per quelli del settore dell’auto. Credo che la perdita dello stabilimento Mercedes di Vance, in Alabama, sia stata sicuramente un colpo duro. Ha sicuramente rallentato lo slancio che gli UAW avevano allora. Ma so che il sindacato non vuole fermare la sua campagna per organizzare le fabbriche automobilistiche non sindacalizzate. Credo che, insieme ai leader sindacali dello stabilimento Mercedes, analizzeranno la campagna e cercheranno di imparare e di capire cosa si può fare meglio in altri stabilimenti.

Poi porteranno le lezioni della vittoria alla Volkswagen e della sconfitta alla Mercedes in altri stabilimenti in futuro. E continueranno a organizzarsi nel Sud e nel settore automobilistico non sindacalizzato. Non prevedo affatto una fine di questo processo. Per esempio, a Spring Hill, in Tennessee, c’è un impianto di produzione di batterie elettriche legato alla General Motors per il quale hanno iniziato a raccogliere le tessere di autorizzazione. Quindi prevedo che nei prossimi mesi vedremo il riconoscimento del sindacato alla Altium Sells di Spring Hill. Questa sarà un’altra vittoria degli UAW e subito dopo, inizieranno le campagne per i contratti.

Tra organizzazione e auto-organizzazione

In generale, negli ultimi anni abbiamo visto lavoratori e lavoratrici sia auto-organizzarsi creando i propri sindacati, sia chiedere il sostegno di sindacati tradizionali più grandi per organizzare il proprio posto di lavoro. Nella stessa Amazon abbiamo visto strategie diverse, da un lato il tentativo di Bessemer di sindacalizzare attraverso il sindacato di cui parlavi, dall’altro l’esperienza della Amazon Labor Union, che però si è recentemente affiliata ai Teamsters. Quali sono stati i punti di forza e di debolezza di queste diverse strategie?

La strategia dell’auto-organizzazione è sicuramente molto più difficile rispetto all’organizzazione con un sindacato più grande e più affermato. Il caso di ALU mostra alcune delle insidie in cui si può cadere. Tuttavia, ad esempio, il Trader Joe’s United non si è affiliato a un sindacato più grande e ha avuto molto più successo e meno tensioni interne. Trader Joe’s United mi ha colpito molto più di ALU. Con questo non voglio dire che non possa esistere un percorso di auto-organizzazione indipendente da un altro sindacato o dal resto del movimento sindacale. Ma penso che sia molto più difficile organizzarsi in modo indipendente, perché non si ha il sostegno finanziario, ma è anche meno probabile che si disponga della formazione, dell’esperienza e dei consigli di persone che fanno parte del movimento sindacale da molto tempo.

Allo stesso tempo, questi sforzi di auto-organizzazione devono insegnarci qualcosa di molto importante da imparare e replicare, ovvero la capacità di mettere al centro lavoratori e lavoratrici, permettendo loro di organizzarsi autonomamente, senza rinunciare a sostenerli lasciandoli da soli, o pretendere che il sindacato controlli tutto. Starbucks Workers United è un buon esempio in questo senso, poiché ha saputo combinare efficacemente entrambi i metodi. Starbucks Workers United non è mai stato indipendente, ma sempre affiliato a Workers United, uno dei più grandi sindacati degli Stati Uniti. È nato come un progetto di Workers United, ma che ha avuto sempre al centro i baristi di Starbucks. Non è mai stato un processo diretto dal personale sindacale. In questo caso, il personale di un grande sindacato ha sostenuto lavoratori e lavoratrici, insegnando loro come organizzarsi e come aiutarsi a vicenda nel farlo.

Credo che ci sia molto da imparare da questo esempio. Starbucks Workers United è probabilmente una delle campagne di organizzazione sindacale più riuscite negli ultimi dieci anni. Oggi abbiamo 10.000 baristi che lavorano in negozi sindacalizzati e sembrano essere più vicini che mai alla firma di un contratto, con Starbucks che pare stia finalmente negoziando. Penso che lavoratori e lavoratrici debbano cercare di organizzarsi, se possibile, all’interno di un sindacato già esistente. Ma al tempo stesso è necessario che i sindacati supportino questi tentativi di organizzazione sindacale autonoma, anziché cercare di dirigerli. Questa attitudine direttiva molto spesso non ha funzionato, neanche durante alcune delle più grandi rivolte della nostra storia. Non è così che il 33% dei lavoratori è entrato in un sindacato negli anni Cinquanta. È successo perché queste organizzazioni sono nate da sforzi indipendenti a volte sostenuti dai sindacati, come stiamo vedendo con Starbucks.

Da dove pensi che provenga questa nuova insubordinazione e radicalizzazione della classe operaia statunitense?

Penso sinceramente che molti dei semi che vediamo germogliare oggi siano stati piantati durante lo sciopero degli e delle insegnanti di Chicago del 2012. Dopo molto tempo negli Stati Uniti, abbiamo assistito a una campagna di organizzazione sindacale sul posto di lavoro – una campagna contrattuale incentrata sugli e sulle insegnanti, sulle loro esigenze e sui loro desideri – collegata alla comunità, che mostrava come le condizioni di lavoro degli insegnanti coincidessero con le condizioni di apprendimento degli studenti e delle studentesse. Credo che questo abbia acceso qualcosa in molte persone. Poi, nel 2018-2019, abbiamo assistito alla cosiddetta “rivolta dei Red States”, in cui gli e le insegnanti in Stati tradizionalmente repubblicani hanno scioperato e vinto. La chiusura delle scuole in ogni singola contea del West Virginia ha dimostrato quanto potere abbiamo come lavoratori, ancor più che come consumatori, cittadini o elettori, spingendo molte persone a iscriversi ai sindacati.

Poi, certamente nel 2020, c’è stata una rottura con la pandemia, quando molte persone hanno potuto, per la prima volta dopo anni, passare del tempo con la propria famiglia e avere un po’ di tempo libero come non avevano mai fatto prima. Ho parlato con molte persone per le quali quel momento è stato per molti versi terrificante e spaventoso, perché c’era molta incertezza, ma per le quali il fatto di non dover lavorare lo ha reso anche un momento positivo. Le persone ricevevano lo stipendio dal lavoro senza doversi presentare o ricevevano gli assegni di disoccupazione dallo Stato. Le persone hanno imparato a cucinare, a fare il pane e potevano passare del tempo con le proprie famiglie.

Così, quando sono tornati e hanno ricominciato a lavorare e alcuni di loro hanno dovuto fare di nuovo quei folli turni di quattordici ore, hanno pensato: “non ce la faccio più”. E avendo visto alcune delle cose che erano successe in precedenza con gli scioperi degli e delle insegnanti, molti hanno deciso che volevano guadagnare potere e ottenere più tempo libero e hanno iniziato a usare il loro potere di lavoratori e lavoratrici per cercare di riaverlo. E poi ancora, poco dopo la pandemia, ci sono state le proteste dopo l’uccisione di George Floyd, quando si è prodotta una nuova energia che ha stimolato il desiderio di giustizia di molti. Tutte queste cose hanno avuto un ruolo importante e hanno portato al momento in cui ci troviamo oggi.

Sciopero degli insegnanti a Chicago, Illinois, il 17 ottobre 2019
Sciopero degli insegnanti a Chicago, Illinois, il 17 ottobre 2019. Foto: John Gress/Reuters

La classe operaia tra elezioni e guerra

Come pensi che lavoratori e lavoratrici statunitensi stiano osservando la campagna elettorale presidenziale? Cosa devono aspettarsi da una seconda presidenza Trump in termini di reazione antisindacale? E cosa dovrebbero aspettarsi da un’eventuale presidenza Harris?

Guardando alla prima presidenza Trump, non ci sarebbe nulla di positivo per lavoratori e lavoratrici con la sua rielezione. Il suo National Labor Relations Board ha fatto tutto il possibile per togliere le tutele alle campagne sindacali. Ha reso più difficile per lavoratori e lavoratrici ottenere la retribuzione degli straordinari. Il principale risultato legislativo sotto l’amministrazione Trump è stato l’approvazione di una grande legge di riduzione delle tasse per i ricchi. Questo è il genere di cose che ci si può aspettare dai repubblicani. E poi, ovviamente, tutte le politiche sociali negative. Sono sinceramente molto preoccupato per le mie sorelle e per la loro possibilità di abortire se lo desiderano. Sono preoccupato per le mie sorelle e i miei fratelli immigrati e per la campagna di deportazione di massa promessa da Trump e dai repubblicani.

E so che a sinistra non è considerata una cosa cool di cui preoccuparsi, ma sono sinceramente preoccupato per lo stato della democrazia se Trump venisse rieletto. La prospettiva di avere, di nuovo, come persona più potente del mondo qualcuno che ha cercato di rovesciare un’elezione. Voglio dire, se non fosse stato per due o tre persone, il 6 gennaio ci saremmo trovati in una vera e propria crisi costituzionale. Non so cosa sarebbe successo dopo, ma è davvero spaventoso.

Cosa dobbiamo aspettarci da un’amministrazione Harris è molto più difficile da dire perché nella sua carriera politica è stata molto difficile da decifrare. Nutro qualche speranza di vedere una svolta rispetto alle cose terribili che l’amministrazione Biden ha favorito a Gaza. Penso che Kamala Harris sarebbe molto meno propensa a continuare con la stessa distruzione e aggressione contro Gaza.

Ma vorrei che mantenesse la posizione dell’amministrazione Biden sulla maggior parte della politica interna. Penso che Biden sia stato il miglior presidente degli ultimi 40 anni per lavoratori e lavoratrici. Alcune persone lo dicono solo per dire “Oh, non è fantastico Biden?”. Io lo dico come una sorta di riconoscimento della realtà e come dichiarazione di quanto si sia abbassato il livello. Penso che molte cose che stiamo vedendo dall’amministrazione Biden dovrebbero essere uno standard minimo. Ma non è così.

Spero che Kamala Harris continui a portare avanti il programma di politica interna di Biden, ma è difficile dire se è esattamente quello che vedremo. Abbiamo anche visto che Harris è molto più favorevole alle criptovalute rispetto a Biden, il che non è molto significativo, ma l’idea che lei ascolti questi capitalisti avvoltoi della Silicon Valley è preoccupante. Allo stesso tempo, ha forti legami con i sindacati del settore sanitario, è interessata all’economia della cura ed è stata molto vicina al SEIU nel suo Stato. C’è quindi motivo di sperare che non rompa con l’amministrazione Biden sul lavoro, ma c’è anche motivo di preoccupazione.

Cosa pensi della posizione dei sindacati sulla guerra a Gaza? Qual è la posizione dei lavoratori e delle lavoratrici statunitensi sullo scenario di guerra mondiale che gli Stati Uniti stanno contribuendo in modo cruciale ad alimentare, non solo in Medio Oriente ma anche in Ucraina?

I lavoratori e le lavoratrici sono sicuramente contrari alla guerra a Gaza. Negli Stati Uniti ci sono forti maggioranze a sostegno di un cessate il fuoco. La posizione quasi unanime del lavoro organizzato è a favore di un cessate il fuoco. L’AFL-CIO ha chiesto all’unanimità un cessate il fuoco e a luglio una coalizione di sette sindacati che rappresentano circa 7 milioni di iscritti al sindacato (circa la metà di tutti gli iscritti al sindacato negli Stati Uniti) ha chiesto di interrompere completamente gli aiuti militari a Israele per imporre un cessate il fuoco. La maggior parte dei lavoratori statunitensi vuole che Israele ponga fine all’assalto a Gaza.

Credo che la gente sia molto più solidale con la causa ucraina, perché vede gli ucraini in una posizione simile a quella dei palestinesi, con la Russia come invasore. Ovviamente le storie sono diverse e la portata non è proprio la stessa, ma c’è un’invasione da parte della Russia e gli ucraini stanno combattendo contro di essa. È molto più facile sostenere questa situazione, ovviamente, ma allo stesso tempo sono preoccupato per gli interessi del complesso industriale-militare statunitense nella continuazione della guerra. Idealmente, vorremmo essere in grado di non incoraggiare l’aggressione russa, ma allo stesso tempo vorremmo non prolungare la guerra solo per i profitti del complesso militare-industriale. Credo che probabilmente la volontà dell’opinione pubblica statunitense di continuare a farlo stia per finire.

Ciò che vorrei di più è un accordo di pace che sia duraturo, con il minor numero di vittime da entrambe le parti. Sono stato molto felice di vedere alcuni attivisti pacifisti russi disposti ad andare contro un regime davvero spaventoso in Russia e a chiedere la pace anche da quel lato del fronte. Quindi, penso che gli attivisti per la pace negli Stati Uniti dovrebbero certamente guardare ai loro coetanei in Russia che stanno spingendo per la pace e per la fine dell’aggressione russa in Ucraina, diffidando anche delle aggressioni della NATO e dei Paesi dell’alleanza occidentale.

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