di PERMANENT ASSEMBLY AGAINST THE WAR
Di fronte alla nuova legittimazione del regime autoritario di Erdogan, sosteniamo tutti coloro che lottano non solo contro l’ISIS e gli attacchi di Erdogan, ma anche contro la criminalizzazione delle e dei rivoluzionari e rifugiati curdi. Rivendichiamo la libertà per tutti i migranti e le migranti e per i rifugiati.
Gli orrori della guerra e il cancro della militarizzazione non sono iniziati quando la Russia ha invaso l’Ucraina. Il XXI secolo è stato segnato da guerre senza fine, soprattutto in Africa e in Medio Oriente. Gli abitanti di molte aree, tra cui Yemen, Iraq, Siria, Libano e Israele/Palestina, hanno subito barbarie e repressioni per mano di Stati riconosciuti a livello internazionale e di altre bande criminali o aspiranti tali, come l’ISIL/ISIS. Questi decenni di caos sono stati una parte cruciale nel condurre a questa Terza guerra mondiale.
Il ciclo spaventoso di morte, distruzione, repressione e sfruttamento è stato accelerato dal cambiamento causato dalla guerra in Ucraina. Le varie classi di oppressori nazionali e le loro macchine statali stanno sfruttando la situazione per portare avanti i propri programmi di sfruttamento e repressione.
Ciò avviene sia sotto la direzione dei maestri burattinai in Cina, Russia, Stati Uniti ed Europa occidentale, sia del tentativo delle élite politiche nazionali di trarre qualche vantaggio da questa situazione. Nessuno in questo quadro è stato più attivo della Turchia di Erdogan nel cercare di aumentare il proprio potere repressivo e la propria influenza.
Allo stesso tempo, questa guerra senza confini sta legittimando il governo autoritario di Erdogan sia all’interno che all’esterno della Turchia – con il sostegno tanto dei governi occidentali quanto della Russia. Erdogan ha incontrato due maestri della repressione come Putin e l’iraniano Khamenei e poi è apparso come mediatore di un accordo per consentire il trasporto di grano dall’Ucraina.
Gli atti di “statismo” di Erdogan non sono altro che azioni finalizzate a rafforzare ulteriormente il potere velenoso e patriarcale del capitale e dello Stato turco. In realtà, i colloqui e gli accordi sono stati accompagnati dai preparativi per le nuove invasioni militari nel nord-est della Siria.
I costi di questa guerra senza confini vengono pagati con le vite e le sofferenze di donne e uomini prevalentemente curdi del progetto rivoluzionario della Siria nordorientale. A differenza dei membri del PKK, i membri delle unità armate dell’YPG e dell’YPJ hanno fatto affidamento sul diritto di asilo in tutta Europa. Tuttavia, l’ulteriore rafforzamento della NATO come piattaforma militare e politica dell’Occidente sta ora negando loro anche questa possibilità e d’ora in poi, nemmeno i membri dell’YPG e dell’YPJ potranno aspettarsi la protezione da Paesi come la Finlandia e la Svezia.
Dopo aver combattuto come parte dell’alleanza guidata dagli Stati Uniti contro lo Stato Islamico, YPG e YPJ (e i loro alleati nelle Forze Democratiche Siriane) sono stati lasciati da soli a gestire le prigioni e i campi per i combattenti maschi dell’ISIL, le loro mogli e i loro figli. L’accordo tra NATO ed Erdogan ha permesso di abbandonare ulteriormente YPG e YPJ, bollati come terroristi e pertanto soggetti ad un’aperta persecuzione di Stato. Sono diventati a tutti gli effetti merce di scambio negli accordi di tutti con la Turchia, che a sua volta è diventata un “Paese sicuro”. Ma sicuro per chi? Certamente non per i migranti e i rifugiati, né per le forze che lottano per i diritti dei curdi, né per i lavoratori e le lavoratrici che cercano di organizzarsi nel loro interesse.
La guerra in Ucraina ha fornito ulteriori opportunità allo Stato turco di Erdogan di stare in equilibrio tra le posizioni della NATO e della Russia di Putin mentre esercita la sua repressione e si afferma come la più importante “potenza locale”. Per anni, l’Unione Europea ha criticato a parole l’autoritarismo di Erdogan, mentre non ha mai smesso di utilizzarlo come cane da guardia lungo i suoi confini in modo da impedire l’accesso alle migranti e ai migranti in fuga da altre guerre e altre oppressioni. Allo stesso modo, mentre l’Europa democratica accoglie milioni di rifugiate ucraini, si prepara contemporaneamente a sfruttarle in cambio di salari inferiori a quelli minimi.
Mentre l’Europa liberale considera il rispetto dei diritti delle donne e delle persone LGBTQ+ come una condizione per entrare nell’UE, continua a finanziare il governo turco. Eppure, per anni questo regime che odia la libertà è stato sfidato dalle manifestazioni delle donne e delle persone LGBTQ+ ‒ sempre represse dalla violenza della polizia – e un anno fa si è ritirato dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza maschile sulle donne.
Le successive invasioni turche della Siria nordorientale e l’abbandono e il tradimento dei militanti dell’YPG e dell’YPJ da parte degli Stati che in precedenza erano loro alleati e sostenitori sono un altro episodio sanguinoso della Terza guerra mondiale. Il regime di Erdogan bombarda continuamente la popolazione prevalentemente curda nel nord-est della Siria, mentre prepara nuove operazioni militari e la persecuzione dei rifugiati politici curdi in Occidente.
L’Assemblea permanente contro la guerra è solidale con tutte e tutti coloro che soffrono per la spinta repressiva di Erdogan nel nord-est della Siria, all’interno dello Stato turco e ovunque nel mondo rifugiati e migranti sono minacciati e perseguitati. Tra i nuovi obiettivi vi sono le proposte di deportazione forzata (anche delle e dei rifugiati curdi) dal Regno Unito al Ruanda e nuove ondate di restrizioni o addirittura di allontanamento forzato dai paesi appena entrati a far parte della NATO, Finlandia e Svezia. Contro tutto questo, dobbiamo rafforzare le nostre azioni concrete ovunque sia possibile.
Cerchiamo come sempre di consolidare le nostre connessioni transnazionali. Dobbiamo lottare dentro e contro la Terza guerra mondiale. Promuoviamo e sosteniamo una politica transnazionale di pace. Questo include un nucleo vitale di azione al fianco della resistenza auto-organizzata e di lotta contro la violenza organizzata dallo Stato, aperta o nascosta, con cui il potere globale egemonico del capitale schiaccia le nostre vite.