giovedì , 7 Novembre 2024

Per la giustizia climatica, contro la guerra!

di CLIMATE CLASS CONFLICT – IT

 

Venerdì scorso eravamo in piazza a Milano con gli studenti del movimento dei Fridays for Future . La manifestazione è stata chiamata sulle parole d’ordine di “stop al genocidio, stop all’ecocidio”. Da due anni a questa parte, infatti, con l’inizio della guerra in Ucraina e, dal 7 ottobre, con una guerra che da Gaza ora Israele vuole esportare anche in Libano e in Siria, la logica della guerra si è imposta sull’orizzonte delle nostre lotte, comprimendone lo spazio d’azione.
 
La guerra ha ridefinito i processi della transizione ecologica, sovrascrivendo gli interessi della securitizzazione e della militarizzazione degli stati a quelli di un’accumulazione verde che già non lasciava spazio alla questione ecologica e affermava nuove gerarchie razziste, sessiste e di sfruttamento. L’intreccio tra politiche energetiche e guerra si vede ora a Gaza, dove Israele svende i diritti di trivellazione della striscia mentre continua a bombardarne i residenti Palestinesi, come si vedeva già in Europa, dove le politiche del REpowerEU, concretizzate da progetti come il Piano Mattei, hanno legato gli investimenti per la transizione verde a misure di contenimento dei flussi migratori e alla necessità di sganciarsi dalla produzione dal gas russo.
 
Nel frattempo, sul piano ideologico, la logica della guerra è sostenuta dal crescente militarismo, che riafferma e irrigidisce gerarchie di sfruttamento, impone tagli e privatizzazioni giudicati “necessari”e “nell’interesse nazionale”, e derubrica la questione climatica su un piano secondario. Questo processo è legittimato anche dalla militarizzazione delle università. La guerra, infatti, richiede e giustifica un riorientamento della ricerca in senso militare, che viene attuato anche grazie ad ingenti investimenti di aziende quali Leonardo. In questo modo le università riproducono non solo le diseguaglianze della società, ma la logica di guerra stessa.
 
Per questi motivi, noi crediamo che il movimento climatico debba necessariamente essere anche un movimento contro la guerra e che attraverso l’opposizione alla guerra possa connettersi ad altre lotte e processi sociali, superando così il blocco che lo ha caratterizzato negli ultimi anni e che ha spinto diversi attivisti a concentrarsi solo su questioni locali, diluendo le proprie forze.
 
Nelle parole usate venerdì in manifestazione, “la lotta per la giustizia climatica è una lotta contro le politiche fossili tanto quanto contro le politiche di sfruttamento, guerra e militarizzazione”. Proprio per questo, l’opposizione al genocidio e allo sfruttamento incontrollato degli ecosistemi non può fermarsi ai fronti imposti dagli interessi di attori statali e di capitali transnazionali.
 
La nostra politica e le nostre lotte richiedono un’organizzazione transnazionale, che sia capace di sottrarsi alla logica di guerra, produrre spazi di discussione e rovesciare quei processi che sfidano le gerarchie imposte dalla guerra e da chi, tramite esse, pretende di governare anche la crisi climatica.
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