mercoledì , 11 Dicembre 2024

Il nostro sciopero essenziale, femminista e transnazionale

L’8 marzo Andres Manuel Lopez Obrador, il presidente messicano, ha fatto erigere attorno al Congresso una barriera per difendersi dalle contestazioni delle donne, che in massa hanno preso parola contro l’impressionante intensificazione della violenza maschile nel paese. La fotografia dell’uomo al potere spaventato dall’assalto delle donne è il segno dello sciopero globale di quest’anno, la chiara evidenza che la società che si regge sul dominio maschile è a rischio quando le donne rifiutano di essere vittime, di essere subalterne, di farsi carico senza fiatare della sua riproduzione. E questo rifiuto è presente e vivo: anche se non abbiamo visto, come gli scorsi anni, le strade di tutto il mondo inondate dalla marea in movimento, la potenza di questo 8 marzo si è trovata nell’ostinata volontà di sottrarsi alla gestione razzista e patriarcale della crisi sanitaria mondiale che ha sfidato le fortissime limitazioni imposte dalla pandemia dando vita a una presa di parola politica tutt’altro che scontata e rituale. La misura è colma e nell’isolamento obbligato dal distanziamento sociale si sono tessute connessioni transnazionali senza precedenti che hanno scalzato le difficoltà presenti aprendo la via a possibilità organizzative tanto inedite quanto necessarie, guardando all’8 marzo oltre l’8 marzo. «Sciopero essenziale!» è stato il grido che, in modi diversi, è risuonato da est a ovest, da una parte all’altra del mondo. È stata una parola d’ordine condivisa dalle donne organizzate nel Transnational Migrants Coordination in Francia, Grecia, Belgio, Italia, Spagna, Slovenia e non solo, per dire chiaramente che non è possibile liberarsi dal patriarcato senza combattere il razzismo che lo sostiene e lo rafforza. #Essentialstrike è stata la formula che – a partire dal Manifesto della rete EAST — Essential Autonomous Struggles Transnational — ha messo in connessione le operaie delle fabbriche di di Sinbo e SML in Turchia, le donne polacche che continuano a combattere non solo per la libertà di abortire, le donne rumene che si organizzano per reclamare condizioni abitative che permettano alle lavoratrici essenziali di sottrarsi ai rischi di contagio, le donne che lungo la rotta balcanica lottano contro il razzismo e lo sfruttamento neoliberali. #Essentialstrike è stata l’intenzione politica che ha costituito un ponte con l’altra parte dell’oceano attraverso la connessione con la rete Feministas Transfronterizas e le donne che in tutta l’America Latina, dall’Argentina al Cile, dal Messico alla Bolivia, non hanno smesso di prendere parola in contesti segnati dalla gestione neoliberale, patriarcale e razzista della pandemia. «Essenziale è la nostra lotta, essenziale è il nostro sciopero» è la parola d’ordine che si è riversata anche nelle piazze in Italia dove Non Una di Meno è stata ancora una volta capace di tenere aperto il campo di lotta femminista e transfemminista per chi non accetta di portare sulle proprie spalle il peso della riproduzione della società pandemica. L’8 marzo di quest’anno è sembrato impossibile, ma ha paradossalmente aperto nuove possibilità approfondendo il processo di organizzazione transnazionale che rende la moltitudine femminista una reale minaccia contro l’ordine presente della società globale, e che alimenta la capacità di conquistare, in questa contingenza esasperante, la forza essenziale di opporci ai rapporti sociali di dominio che ci opprimono.

*** Le immagini sono prese dalle pagine di EAST — Essential Autonomous Struggles Transnational, Transnational Migrants Coordination, Non Una di Meno, Feministas Transfronterizas

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