mercoledì , 24 Aprile 2024

La lotta ha avuto successo. Non per me, mi hanno licenziato…B., migrante e operaio

Lavori?

In questo momento no.

Da quanto tempo non lavori?

Da fine luglio.

Che lavoro facevi?

Lavoravo in un bar dove facevo un po’ di tutto: dal bar alla manutenzione alla sicurezza. Come un factotum.

Con che tipo di contratto lavoravi?

Con un contratto a chiamata, quindi a volte succedeva che rimanevo a casa per molto tempo. È un contratto  molto precario, in cui non hai le ferie, cioè vieni pagato soltanto per le ore che fai durante il lavoro. Tecnicamente si chiama “prestazione occasionale”.

Tecnicamente non era in nero?

No, no era in regola.

Quanto venivi pagato?

Dipende dalle ore che facevo: se riuscivo a fare il mese lavorando ogni giorno, arrivavo anche a oltre 1000 euro. Circa 8 euro all’ora.

Hai mai avuto contatti con il sindacato in questa situazione?

No, in questa situazione no, perché avevo ottenuto il lavoro tramite amici, quindi il rapporto era diverso. Ultimamente sono andato per conto di mia moglie. Lei l’hanno fatta lavorare, promettendole un contratto e dopo 25 giorni l’hanno mandata via. Era un lavoro domestico che non è ancora stato pagato. Noi prima abbiamo sporto denuncia all’ispettorato del lavoro, che però non tratta i rapporti di lavoro in nero. Poi abbiamo aperto una vertenza, per cercare di tutelarla e, nonostante non ci sia un contratto, farle almeno avere i soldi guadagnati.

Con quale sindacato hai aperto la vertenza?

Con la CGIL. Sono andato alla Filcams.

Quindi il contatto con il sindacato è stato attraverso lo sportello per problemi legali?

Sì.

In altri lavori che hai fatto hai avuto contatti con il sindacato?

Sì. Ho lavorato nel 2006 in una fonderia di Bentivoglio, in cui ero entrato come interinale, con un contratto molto breve di un mese più una settimana di prova. In quest’azienda mi facevano fare un lavoro che consisteva nello sbattere i pezzi raffreddati usciti dai forni. Veniva fuori un sacco di polvere, che mi andava ovunque e mi dava delle irritazioni. Quando che ho osato chiedere di cambiarmi posto perché quello non andava bene per la mia salute mi hanno mandato via. Quindi mi sono rivolto al sindacato e allora c’è stata una grande protesta. Là dentro c’era un unico sindacato che rappresentava i lavoratori, la Cisl. Io però ho avuto i miei contatti al di fuori del posto di lavoro e abbiamo organizzato un grande presidio davanti alla fabbrica, con volantinaggio. Questa cosa alla fine ha portato a dei risultati molto importanti, non per me ovviamente, perché io sono stato licenziato. Però ha dato la possibilità a tantissimi lavoratori che erano lì come interinali, tramite le cooperative, di essere assunti. Tra le altre cose c’è stata un’inchiesta parlamentare, che ha coinvolto alcuni consiglieri comunali di Bentivoglio. Questo ha dato la possibilità a molti di essere assunti a tempo indeterminato e ha costretto l’azienda a comprarsi un’area all’aperto perché c’erano troppe macchine per stare al chiuso. Quindi c’è stata una specie di regolarizzazione dopo questa denuncia. Ad esempio, le canne fumarie non erano a posto nelle fabbriche lì intorno, nella zona industriale di Bentivoglio. Altri si erano lamentati ma non avevano perso l’iniziativa, però attraverso questa denuncia l’Ausl è intervenuta, per costringerli a mettere a norma queste canne.

Tu quando sei stato licenziato?

Dopo una settimana.

E hai fatto la denuncia prima o dopo?

No, no, perché è successo un casino lì dentro. Loro sapevano che io ero lì come interinale. Quando ho rifiutato di lavorare in quelle condizioni è sceso il responsabile che mi ha minacciato, dicendomi che se non facevo le cose che dicevano loro me ne sarei dovuto andare a casa. E io gli ho risposto: “Io sono capace di svolgere anche altre mansioni, ma questa compromette la mia salute”. Poi questo ha alzato la voce e anch’io ho alzato la voce e allora lui ha chiamato i carabinieri. Sono arrivati i carabinieri ma dopo varie domande hanno capito che non si trattava né di furto né di  violenza. Io gli ho detto che si trattava di una questione di lavoro. Quando l’hanno capito hanno salutato e se ne sono andati. Poi io ho chiamato i responsabili che conoscevo all’interno della FIOM. Non mi sono rivolto al sindacato della fabbrica perché i rappresentanti erano contro di me. C’era un delegato molto compromesso: quando c’era sciopero, organizzava le cose in modo che l’azienda non subisse dei danni, organizzava i turni dei vari lavoratori per fare sì che la produzione continuasse nonostante lo sciopero. Lui aveva presente questa situazione qua e non l’ha mai denunciata.

Dopo che sei stato licenziato, cosa hai fatto, a chi ti sei rivolto?

Conoscevo uno dei dirigenti della Fiom, che è dentro la direzione nazionale della Fiom dell’Emilia Romagna, e lui mi ha mandato subito dal funzionario di riferimento della zona. L’agenzia interinale attraverso cui avevo trovato il lavoro si era impegnata a non mettere in discussione la sua posizione all’interno dell’azienda.

Avevano idea quelli dell’agenzia interinale che c’erano situazioni di lavoro non a norma?

Non penso, la loro preoccupazione era soltanto quella di mandare via la gente e poter riscuotere, per cui loro per non mettere in discussione i loro rapporti con l’azienda mi hanno promesso di pagarmi un mese in cui non avevo lavorato.

Tu quindi hai trovato questo lavoro andando a un’agenzia interinale?

Sì, e mi hanno mandato a Bentivoglio che sarebbe a 30 chilometri da Bologna.

In questa fonderia era normale che il lavoratori interinale facessero i lavori più pericolosi?

Sì. Infatti dopo che sono andato via c’era un altro ragazzo interinale che faceva il mio lavoro. Quella è un’azienda molto strana perché quasi l’80% dei lavoratori sono stranieri, cinesi, bangladesi, pakistani, marocchini. Vista la composizione etnica del personale, anche i responsabili di reparto sono stranieri: uno veniva dal Marocco e un altro dal Camerun. Questo appena mi ha visto assegnare a quella posizione mi ha detto : “Qui devi tenere duro”. La gente che veniva a lavorare lì dopo 3 giorni, senza litigare o licenziarsi, semplicemente non veniva più. Ma siccome io avevo bisogno di lavorare in quel periodo, ho tenuto duro la prima settimana di prova e poi il giorno dopo quando ero sicuro di aver superato la prova ho tirato fuori il problema.

Tra gli altri lavoratori, precarie non, c’è stato un passato di conflitto con l’azienda su queste questioni, ci sono stati tentativi di sciopero?

Sì, ce ne sono stati. C’era un unico delegato dell’Rsu, molto isolato all’interno della fabbrica, che mi sosteneva in qualche modo, anche se aveva anche lui paura di esporsi più di tanto. Questa era la situazione. Mi ha sostenuto un po’, poi noi abbiamo fatto il presidio durante il cambio di turno, dove c’erano varie realtà e alcuni dei lavoratori hanno solidarizzato con l’iniziativa che abbiamo fatto, però nessuno di loro ha mai scioperato.

Quali sono state le realtà che hanno dato solidarietà a questa campagna?

Da Bologna si sono spostate oltre 300 persone, c’era il Coordinamento migranti, il Vag, l’Xm, molte realtà di partiti e sindacati, come la Fiom ad esempio. Molti di loro c’erano, senza bandiere, molti di loro erano presenti personalmente.

Altri sindacati?

Sì, i sindacati di base. Non la Cisl e la Uil. Il delegato della Cisl dentro la fabbrica era contrario alla mia azione: ovvio che la sua organizzazione non ci ha sostenuti.

In generale nella tua esperienza lavorativa hai mai partecipato a uno sciopero?

Sì, ci sono state esperienze di lotta dei lavoratori interinali e precari tutti insieme. Tramite l’appoggio dell’Rsu dell’azienda, che ci avevano sostenuto fino a quel momento, siamo riusciti a mandare una lettera aperta alla direzione in cui ci lamentavamo delle condizioni di lavoro e della precarietà che vivevamo. E questo ha avuto i suoi frutti, perché alcune persone che erano lì come interinali sono state assunte a tempo determinato. Io ho avuto la fortuna di essere assunto dalla Fiat con un contratto di sei mesi, che doveva essere rinnovato, nel 2001. Poi quando è successo il crollo delle torri gemelle questa situazione si è tradotta nell’azienda come difficoltà di confermare i lavoratori a tempo determinato. Quindi il contratto non mi è stato rinnovato.

Nelle esperienze di lotta di lavoratori precari qual era il grado di solidarietà con altri lavoratori?

Tanta, mi ricordo in questa esperienza. Ma allora non c’era la crisi, però c’era molta solidarietà. In quell’azione di lotta, era sostenuto dall’Rsu della fabbrica anche se non eravamo tesserati.

Qualche tipo di collegamento con altre situazione di lavoro precario al di fuori della fabbrica?

No. Era centrato sul luogo di lavoro.

Che terminologia usavate? Parlavate di precarietà?

Sì, parlavamo di precarietà e del rischio di perdere il posto di lavoro. La preoccupazione era di riuscire ad ottenere il rinnovo del contratto. I contratti erano molto brevi, di un mese, un mese e mezzo, quindi tutte le volte la preoccupazione era di riuscire a dare continuità al lavoro.

Pensi che lo sciopero sia ancora uno strumento di lotta efficace sul luogo di lavoro?

Sì, sicuramente sì. Essendo poi tra le altre cose uno strumento per il lavoratori per poter affermare la loro condizione e poter dignitosamente affermare i loro diritti. Anche se è vero che ultimamente l’impressione che si ricava dalle dinamiche interne all’aziende è di una “guerra tra i poveri”, che dà meno intensità allo sciopero. Lo sciopero rimane comunque lo strumento giusto, per affermarsi nel posto d lavoro.

Pensi che lo può essere per i precari?

Certamente. Io penso che i diritti non si regalano, si conquistano. Lo sciopero è una degli strumenti che può dare ai lavoratori la possibilità di conquistare i proprio diritti.

La separazione tra lavoratori a tempo indeterminato e precari è un impedimento per lo sciopero?

Sì, per certi versi sì. Con la crisi e le difficoltà, la disoccupazione, il posto di lavoro vale oro. Chi ha le garanzie di un contratto indeterminato può mettere in discussione la propria posizione. Sia lavoratori con garanzie sia precari devono capire che la tutela dei diritti è di tutti. Quando oggi si mette in discussione il posto di lavoro a tempo indeterminato tutti quanti devono avere solidarietà.

 

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