venerdì , 19 Aprile 2024

Bloccare, organizzare, allargare. Una riflessione su due anni di Blockupy

Bloccare organizzare allargare

Una riflessione di alcuni attivisti e attiviste di Transact e del Gruppo di azione contro le espulsioni Reno-Meno.

In vista della prossima assemblea di preparazione di Blockupy 2014, che si terrà a Francoforte il 22-24 novembre, pubblichiamo la valutazione dei blocchi che si sono svolti a maggio di quest’anno nella capitale economica dell’UE proposta da alcuni attivisti e attiviste di Transact e del Gruppo di azione contro le espulsioni Reno-Meno. Ci sembra una valutazione lucida che, mentre riconosce l’importanza di organizzare momenti di lotta capaci di rispecchiare la dimensione transnazionale delle politiche economiche europee e della crisi globale, si interroga su strategie possano essere messe in campo per andare al di là di azioni semplicemente simboliche. Si tratta di una riflessione focalizzata principalmente sulla capacità di iniziativa e organizzazione del movimento tedesco – cui seguirà un altro contributo più centrato sulla dimensione europea e transnazionale dell’iniziativa – che tuttavia rispecchia l’esigenza di radicare lotte all’altezza delle trasformazioni che la crisi impone ai regimi globali di sfruttamento anche in una Germania apparentemente solo sfiorata dalla crisi.

Venerdì 31 maggio 2013 – Giorno dei blocchi e delle azioni dirette: numeri e valutazione complessiva

In primo luogo le cifre: secondo le nostre valutazioni e i nostri calcoli nel primo mattino di venerdì erano presenti tra le 1800 e le 2000 persone nei luoghi di protesta e in quelli delle assemblee. Forse se ne sono aggiunte altre nella tarda mattinata davanti alla Banca centrale europea e poi ancora nel corso delle azioni della seconda ondata nel pomeriggio. In definitiva ci sono state più di 2500 persone nel corso della giornata di venerdì. In questo modo sono stati confermati i numeri dello scorso anno che erano persino appena minori.

Già durante la preparazione avevamo avuto l’impressione che ci sarebbe stata una rotazione più che un allargamento: che cioè sarebbero giunti gruppi da nuove città, ma altri gruppi attivi nel 2012 non ci sarebbero stati. In ogni caso non si è riusciti ad allargare la base per i blocchi, per la disobbedienza civile.

Il fatto che ci siamo «sentiti di più» ha a che fare con la migliore preparazione, comunicazione e cooperazione e per questo la nostra valutazione complessiva di Blockupy II è stata certamente positiva. Sul piano regionale dopo Blockupy I ci sono state considerazioni e dubbi abbastanza diffusi sul se e sul come il progetto potesse essere ulteriormente sviluppato. Ora, dopo le molte e comuni esperienze di Blockupy II, ci sono umori prevalentemente positivi e un interesse massicciamente cresciuto per collaborare l’anno prossimo.

La prima ondata: i blocchi attorno alla Banca centrale europea

È stato molto più facile di quanto molti di noi pensassero. In maniera del tutto diversa da Blockupy 2012, quando la controparte aveva cercato di impedire ogni accenno di blocco o anche solo di manifestazione opponendo un divieto totale e la repressione poliziesca, quest’anno siamo potuti arrivare in maniera sostanzialmente indisturbata fino alle barriere di recinzione dell’edificio della BCE. Dopo gli incredibili danni collaterali dello scorso anno, uno stato di eccezione poliziesco che per diversi giorni aveva paralizzato i consueti affari nel quartiere francofortese della banche più di quanto avrebbero potuto fare i nostri blocchi, abbiamo dovuto fare i conti con mutate regole di ingaggio. Tuttavia, che tutti i cortei, le assemblee e i raduni attorno alla BCE, anche quelli non autorizzati, fossero tollerati, è stata comunque una sorpresa.

E anche quando qualche singolo bancario oppure qualche altra persona tra le 7 e le 11, incappando nei blocchi, ha cercato di trovare un varco o un accesso tra le barriere, il quadro complessivo di quella mattinata era chiaro: difesa passiva dell’Eurotower grazie a cordoni di poliziotti dietro alle barriere e nessun intervento – come in realtà era previsto – per imporre l’accesso attraverso determinati punti franchi. Sullo sfondo attendevano certo sufficienti forze d’assalto per poter intervenire in qualsiasi caso di necessità. Il nostro accerchiamento, i nostri blocchi di tutti gli accessi alla BCE, non erano evidentemente considerati casi in cui intervenire!

Detto in altri termini: se non si può certamente dire che il 31 Maggio 2013 sia stato un normale giorno di lavoro della BCE, si deve anche ammettere che un suo blocco effettivo – e perciò anche frutto di lotta – sarebbe stato altrettanto senza dubbio differente.

Già nelle considerazioni successive al 2012 ci sono valutazioni diverse sugli effetti reali e possibili dei blocchi e sui corrispondenti scenari per il 2013. Alcuni erano certi che né in relazione ai reali processi lavorativi né dal punto di vista simbolico-politico la BCE potesse permettersi la semiparalisi di una giornata lavorativa e che proprio per questo si sarebbe arrivati necessariamente a degli scontri. La posizione opposta affermava che nel frattempo la BCE sia in grado di evitare dal punto di vista tecnologico-organizzativo tutti gli attacchi diretti ai suoi processi di funzionamento. I compiti centrali possono essere svolti in altri edifici e possono essere dislocati in centri di emergenza, nel giorno indicato molti impiegati possono lavorare da casa e le persone che devono essere necessariamente presenti iniziano a lavorare già prima delle sei. La maggior parte degli altri ottiene la giornata libera, così che il blocco – così suonava un’altra critica – finiva per essere nel 2013 un giorno di ponte.

Dopo l’esperienza di Blockupy II si può constatare che la seconda posizione era quella giusta. Sia che si tratti di un giorno di ponte oppure di uno dei soliti lunedì o martedì non farebbe nessuna grande differenza se la BCE è evidentemente in grado con una corrispondente pianificazione preventiva di mandare a vuoto senza problemi un giorno di blocco annunciato con grande anticipo. Si potrebbe discutere quanto breve debba essere il preavviso e con quale ritmo si possa «aggirare» questa capacità di mandare a vuoto. Nel quadro della mobilitazioni Blockupy che ci sono state finora con parecchi mesi di preparazione, l’idea di produrre effetti immediati grazie al blocco della BCE sembra superata.

Che il blocco della BCE o anche dell’intero quartiere delle banche, in quanto annunciato da mesi, rimanga sempre un evento simbolico è e rimarrà fuori discussione. Il grado di simbolicità è evidentemente significativo e nel corso della preparazione la maggior parte dei gruppi – noi inclusi – aveva preso le mosse dal fatto che il funzionamento degli affari può essere disturbato in maniera significativa, che il grande impiego preventivo di polizia nel 2012 fosse non da ultimo motivato da questa paura. Con Blockupy II è risultato chiaro che fino a quando contro la BCE e il quartiere delle banche non vengono messi in atto «scioperi dall’esterno», a breve scadenza, «quotidiani» e perciò completamente incalcolabili, fino a quando si rimane al singolo evento, non andiamo molto oltre a modesti effetti simbolici contro il normale funzionamento,

Futuro dei blocchi?

È questo il problema? C’è troppo simbolismo e troppo poca «sanzione» per le pretese di Blockupy? Non viene così a mancare per il (prossimo) futuro un momento di mobilitazione tutt’altro che inessenziale? Come diremo meglio, per il 2014 ciò non ci sembra di importanza decisiva a fronte di una mutata condizione di partenza con l’apertura della nuova BCE. Per il 2015, l’anno fino al quale noi vogliamo pensare Blockupy, l’obiezione ci sembra invece rilevante. E forse questo è un ulteriore motivo per il quale deve essere ulteriormente sviluppato l’approccio della seconda ondata, cioè l’allargamento delle attività a differenti attori dello sfruttamento globale.

La seconda ondata…

Anche qui è stata anzitutto sorprendente la distanza con cui le forze di polizia sono state a guardare o hanno tollerato le azioni dichiarate e non dichiarate della seconda ondata. L’unica eccezione è stato l’aeroporto in cui la manifestazione era stata prima proibita dalle autorità, venendo consentita solo all’esterno dell’aeroporto. Il giudice a cui ci si è rivolti ha poi deciso che solo 200 persone avrebbero potuto protestare anche dentro il terminal. Sulla base di questo apparente compromesso, la polizia – come era già accaduto in occasione di precedenti divieti di manifestare nell’aeroporto – ha incatenato tutti gli ingressi del terminal facendo passare solo le persone con un biglietto. I cordoni dei poliziotti – accompagnati da qualche colpo di manganello e da spray al pepe – hanno bloccato il tentativo collettivo di arrivare all’interno dell’aeroporto con il maggior numero possibile dei partecipanti che erano tra i 600 e gli 800. Per quanto questo scenario fosse assolutamente prevedibile, ci sono stati evidentemente pochi preparativi per far sì che «Blockupy Deportation Airport» acquisisse una maggiore vivacità. Si è comunque riusciti a bloccare temporaneamente la strada d’accesso alla zona degli arrivi e c’è stata una piccola manifestazione spontanea molto sentita nel passaggio sotterraneo della S-Bahn e nella zona dei negozi. Però è mancato un piano B che prevedesse azioni comuni o anche decentralizzate, cosa che ha spinto ad accettare l’assurda «offerta» della polizia e a fare una breve manifestazione all’interno il terminal completamente sovradeterminata e con 200 persone contate. Sarebbe stato meglio rifiutare un «diritto di manifestare» a tal punto mutilato, ma sono mancate idee creative per un programma di azioni alternative. Già nel 2012, i gruppi antirazzisti hanno rivolto un appello a Blockupy affinché si stabilisse una connessione tra le lotte contro il regime dei confini e quelle contro il regime della crisi a livello sia di contenuti che di pratiche. L’iniziativa di «Blockupy Deportation Airport» ha fatto proprio questo approccio e nel 2013 lo ha rafforzato già nel periodo precedente, facendone uno dei contenuti centrali della mobilitazione. Il modo infelice in cui sono andate le cose non pone in questione questo approccio, al contrario: anche per Blockupy III è necessario ricollegarsi a esso e, nello stesso tempo, devono essere discusse maggiormente le opzioni di azione nel caso la polizia crei ancora problemi. A favore dell’aeroporto come obiettivo di ulteriori azioni non c’è solo il fatto che da qui vengono compiute la maggior parte delle espulsioni dal territorio nazionale, facendone un simbolo specifico della politica di marginalizzazione. Oltre a ciò, la partecipazione di Blockupy alla manifestazione del 27 maggio 2013 ha rappresentato un tentativo di stabilire una connessione con le accanite proteste delle iniziative cittadine contro l’allargamento dell’aeroporto. Ciò è riuscito solo parzialmente e non senza contrasti con quella parte del movimento che si vuole concentrare solo sullo smantellamento delle nuove piste di atterraggio e sulla diminuzione dell’inquinamento acustico. Eppure l’allestimento della regione Reno-Meno con questo grande progetto, il delirio della crescita ecologica e anche il trasporto delle merci strutturato in maniera neocoloniale nel Sud globale offrono molti punti di connessione, per rendere anche nel 2014 l’aeroporto una zona di protesta Blockupy. E non bisogna dimenticare: la festa di inaugurazione della nuova sede della BCE, porterà la massa dei ricchi politicanti di tutto il mondo all’aeroporto Reno-Meno e dovranno essere poi trasportati da là a Francoforte est… In ogni caso un buon posto per accogliere adeguatamente i responsabili della crisi e dello sfruttamento!

Le azioni sulla Zeile come esempio…

L’auspicio che abbiamo espresso rispetto all’aeroporto, cioè che le azioni venissero preparate meglio e fossero più creative, vale anche per il centro di Francoforte. Sulle manifestazioni e le azioni che hanno avuto luogo nella seconda ondata di fronte alla Deutsche Bank e contro le speculazioni immobiliari ci sono resoconti specifici e documentari. Nel complesso tutti i partecipanti sembravano molto soddisfatti del programma e degli importanti contenuti trattati, come la speculazione sui beni alimentari, il furto di terreni o la politica abitativa antisociale e gli affitti crescenti. Tuttavia, a livello pratico, anche queste due azioni non sono andate oltre una protesta simbolica. Questo era prevedibile e il contrario è difficilmente pensabile, considerato che i partecipanti erano solo poche centinaia. Ma la seconda ondata sarebbe rimasta troppo limitata, se non ci fosse stato lo stesso pomeriggio la particolare dinamica delle azioni nella Zeil (la via centrale dei negozia Francoforte). Con i brevi e flessibili blocchi delle catene di abbigliamento è riuscito uno «sciopero dall’esterno» più efficace e dai contenuti più facilmente comunicabili.

Un miglio di negozi con migliaia di passanti di fronte alle vetrine ha offerto delle buone condizioni per azioni grandiose e ha messo alla prova una polizia in larga misura incapace di agire. Decisiva è stata, innanzitutto, la preparazione decentrata di piccoli e grandi gruppi di riferimento in una cornice unitaria di azione. Le azioni nella Zeil sono state senza dubbio le esperienze più incoraggianti di Blockupy II e, anche se le condizioni di partenza favorevoli offerte dalla zona delle compere non si lasciano trasferire facilmente in altri luoghi di azione, bisognerebbe prenderle come modello e discutere in vista di Blockupy III in modo da arrivare a un adeguato allargamento di questo programma d’azione per il 2014.

Se è vero, come abbiamo ipotizzato all’inizio, che le attività della BCE possono essere disturbate in maniere altamente simboliche, allora per la mobilitazione di Blockupy III dovrà essere accentuata e preparata in maniera tanto più forte una nuova seconda ondata contro diversi attori della crisi e dello sfruttamento globale. Se, per quanto sappiamo finora, nel 2014 ci sarà la grande festa di inaugurazione della nuova sede della BCE, allora tutto sembra favorevole per organizzare intorno a questo evento una mobilitazione certamente più grande rispetto a quelle del 2012 e 2013 e al rafforzamento di questo obiettivo centrale attraverso l’organizzazione di azioni decentralizzate e coordinate in piccoli e grandi gruppi.

Considerati le migliaia di ricconi della politica e dell’economia che d0vranno essere trasportati alla nuova torre della BCE a Francoforte est per terra o attraverso elicotteri, si offrono possibilità di azione del tutto nuove. Eppure un simile evento resterà isolato. Per questo, se con Blockupy osiamo pensare oltre il 2014, e se siamo d’accordo che l’obiettivo è approfondire più fortemente il contenuto e l’allargamento pratico e anche opzioni di azione realizzabili nel quotidiano, allora il progetto della seconda ondata deve essere sviluppato ulteriormente – nel contesto dei giorni di azione prima dell’apertura della BCE.

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